Il Sistema difensivo

Il sistema difensivo della Marca di Camerino

All’assetto morfologico della Marca di Camerino, già naturalmente conformata come un territorio strategicamente sicuro, elevato sulla sinclinale e protetto dalla chiostra dei contrafforti della dorsale appenninica, la politica del casato dei Varano che vi esercita la signoria fra il XIII ed il XVI secolo unisce un valido baluardo artificiale, costituito da un complesso sistema di fortificazioni.
Già nel 1240 il cardinale Sinibaldo Fieschi, il futuro pontefice Innocenzo IV, aveva provveduto in veste di Legato pontificio ad emanare un diploma destinato a circoscrivere l’area d’influenza della città di Camerino: il territorio sottoposto al controllo camerte era solcato dal Chienti e dal Potenza, da Serravalle a Belforte, da Fiuminata ad Ancaiano, delimitato ad oriente dal Fiastra, da Cessapalombo fino a Bolognola, era costellato da castelli, come Fiuminata e Sorti ad ovest, Prolaqueum, Agellum, Terraimundi, Crispiero a Nord, Borianum, Caldarola, Vistignanum, Moricum ad Est, Caspriano e Caprilia a Sud.

In questo territorio, modesto per estensione ma notevole per rilevanza strategica, si individuavano ancora i luoghi degli antichi insediamenti Longobardi, come la Rocca filiorum Tornaguerrae e la Serra filiorum Petronis, accanto alle dipendenze abbaziali, come la corte farfense di Lanciano e la corte casauriense di Croce.
Fino al 1259, inoltre, la famiglia Magalotti esercitò la sua autorità sui borghi di Poggio, Fiungo e Fiastra.
Il diploma del cardinale Fieschi consente di avere un quadro sostanzialmente ben articolato e dettagliato riguardo all’apparato difensivo che intorno alla metà del XIII secolo si era sovrapposto e si era integrato alle difese naturali sul territorio scandito dalla sinclinale: già in età comunale, dunque, la città di Camerino si era venuta dotando di un sistema complesso di fortificazione, destinato ad essere integrato e potenziato un secolo più tardi, al tempo della signoria dei Varano.

Già nel 1234, al tempo delle contese fra Guelfi e Ghibellini, presso il consiglio del Comune di Camerino è accreditato il giudice Ridolfo Varano.
Ai tristi eventi del 12 agosto 1259, quando la città fu fatta preda delle truppe ghibelline di Manfredi, seguì un periodo di tregua, fino a quando i fuoriusciti non furono in grado di riorganizzare le fila e rientrare in possesso delle loro case.
In questo delicato momento di transizione, esercitò un ruolo di particolare rilievo il casato dei Varano, che intraprese il proprio cammino di affermazione politica grazie all’opera di Gentile (1262-’84), di Rodolfo I (1284-1316), di Berardo (1316-1329), di Gentile II (1229-1255), di Rodolfo II (1255-1283).

Fu il fratello di Rodolfo II, Giovanni di Berardo detto Spacalferro, a dedicarsi in linea prioritaria all’opera di fortificazione dello stato signorile che veniva consolidandosi ai danni delle casate che controllavano i territori limitrofi, gli Ottoni a Matelica, gli Smeducci a San Severino, i Chiavelli a Fabriano, i Trinci a Foligno, i Brunforte ad Amandola.
Giovanni Spacalferro è l’artefice dell’ Intagliata, la linea di difesa costituita mediante l’abbattimento di alberi e la palificazione per una lunghezza superiore ai dieci chilometri nel comparto settentrionale controllato da Camerino, dalla Porta di Ferro ad Ovest fino alla Torre Beregna ad Est, attraverso le rocche di Lanciano, Torre del Parco, Aiello, collegate mediante segnalazioni a vista.

Oltre la Torre detta Porta di Ferro, da cui erano controllate le saracinesche che regolavano il flusso delle acque oltre la gola di Pioraco, il castello di Lanciano costituisce la prima rocca allineata lungo la barriera difensiva progettata da Giovanni di Berardo.
In precedenza, Lanciano era stato annoverato fra i possedimenti varaneschi nel testamento di Gentile II, redatto il 28 gennaio 1350: si trattava ancora di un borgo rurale, caratterizzato dalla presenza di un mulino.
La rocca fortificata di Lanciano, che un documento del 1468 annovera fra le tredici arces del territorio di Camerino, verrà trasformata in residenza signorile dopo il 1492, quando Giulio Cesare Varano ne fa dono alla moglie Giovanna Malatesta.
Si protende verso Castelraimondo, prossima al corso del Potenza, la poderosa Torre del Parco, alta 24 metri, denominata per la sua natura eminentemente difensiva Salvum me fac: accanto ad essa, erano i mulini ed i caseggiati dei contadini, passati al tempo della reggenza di Caterina Cybo alla Confraternita del Sacramento.
Lo sbarramento dell’Intagliata proseguiva verso Est con la Rocca d’Ajello, eretta già al tempo di Gentile I, nella seconda metà del XIII secolo.
L’antica fortificazione era costituita da due torri di avvistamento collegate mediante una galleria.
Giovanni di Berardo ne fece una rocca vera e propria, inglobando i più antichi corpi di fabbrica delle torri in una struttura complessa, allestita poi come palatium da Giulio Cesare Varano intorno alla fine del XV secolo.
La linea di difesa giungeva fino alla Torre Beregna, o Torre Troncapassi, eretta a guardia del territorio prospiciente i bellicosi centri di Matelica e Sanseverino.
L’intensa attività di fortificazione compiuta fin dal 1350 ad opera di Giovanni di Berardo comprende, oltre alla realizzazione dell’Intagliata, la fortificazione dei castelli di Sentino, di Beldiletto e di Appennino, che a distanza di un secolo saranno oggetto di sistematici interventi di restauro e di trasformazione in residenze fortificate.
Nel 1468, dopo un decennio di oculato governo e dopo aver militato al servizio della Chiesa, Giulio Cesare Varano ottenne da papa Paolo II un diploma di investitura della signoria di Camerino.
Il documento, redatto dalla Cancelleria Vaticana, enumera ben sessanta luoghi fortificati all’interno del territorio controllato dal Varano: “Territorium et districtum predictos necnon Terras castra et loca infrascripta videlicet: Castrum Serravallis, Castrum Dignani, Castrum Rochette, Castrum Precanestri, Castrum Ilias, Castrum Montissanctipoli, Castrum Mutie, Castrum Iovis, Castrum Vallissanctiangeli, Castrum Prefolii, Castrum Recentarii, Castrum Capriglie, Castrum Turriculi, Castrum Apennini, Arcem Beldelecti, Castrum Florismontis, Castrum Rochemaii, Castrum Flastre, Castrum Aquecanine, Castrum Bolognole, Castrum Fiegne, Castrum Plebisfaverii, Castrum Crucis, Castrum Vestignani, Castrum Montisalti, Castrum Collispetre, Castrum Cessapalumbi, Castrum Camporotundi, Castrum Serrefiliorumpetroni, Castrum Sancti Venantii, Castrum Borghiani, Vallis Cimaria, Arcem Campolarcii, Castrum Stacti, Arcem Varani, Arcem Sentini, Castrum Cresperii, Arcem Agelli, Arcem Beregni, Arcem Famittle, Castrum Gagliois, Arcem Bisacciarum, Castrum Sancte Marie, Terram Sancte Anatolie, Castrum Raymundi, Arcem Lanciani, Castrum Ploraci, Castrum Sanctiiohannis de Fluminata, Arcem Spinuli, Arcem Tanganorum, Arcem Sanctelucie, Castrum Podii Surrifi, Castrum Sortis, Castrum Caponie, Villam Sefri, Castrum Plebiscovegliani, Castra Rocchemaie, Insule et Corveriani”.
Il decreto di investitura, che consolidava i rapporti fra il Pontefice ed il signore di Camerino, chiariva inoltre inequivocabilmente il problema dinastico della successione, prevedibile alla morte di Giulio Cesare che non aveva eredi maschi legittimi.
Mentre da Rodolfo, infatti, era derivata discendenza legittima nelle persone di Piergentile, Ercole e Niccolò Maria, Giulio Cesare aveva all’epoca unicamente due figli maschi illegittimi: Cesare Ottaviano – che sarebbe morto nel 1488 – ed Annibale.
Il decreto del 12 maggio 1468 consentiva appunto ai due eredi di vedere riconosciuti i loro diritti di successione, prescindendo dalla legittimità della loro nascita ed assicurando la discendenza dei nipoti.
La delicatezza dell’argomento affrontato nel decreto pontificio consigliò la Cancelleria Romana ad elencare minuziosamente, come abbiamo visto, l’entità dell’investitura e a far ratificare l’atto da ben diciannove Cardinali del Sacro Collegio.
Al tempo di Giulio Cesare Varano, quando lo Stato di Camerino aveva vissuto per qualche decennio in una condizione di stabilità amministrativa e di benessere economico e la corte signorile aveva saputo rappresentare un centro vivace della cultura protorinascimentale, le antiche fortificazioni erano state ingentilite negli arredi ed adattate architettonicamente a nuove funzioni di ospitalità e residenza civile.
Vita pubblica e vita privata si fondono, a Camerino, presso le abitazioni dei Varano, secondo una prassi diffusa presso le corti minori del Rinascimento italiano presso imitate dalle casate regnanti d’oltralpe.
Fra il 1489 ed il 1490 prendono l’avvio gli importanti interventi di consolidamento e di ristrutturazione operati da Giulio Cesare, definito dallo storico camerte Savini “per natura splendido”, al fine di trasformare le “case vecchie” abitate dalla famiglia dalla fine del XIII secolo in un’ autentica residenza signorile, atta ad assolvere alle funzioni amministrative ed agli obblighi di rappresentanza, confortevole rispetto alle esigenze della famiglia ed aperta alle istanze del popolo, che frequentando il palazzo poteva percepirsi come cittadino piuttosto che come suddito.
Così dunque il Lilii nella sua Istoria della città di Camerino descrive il palazzo dei Varano, al cui progetto partecipò probabilmente l’architetto Baccio Pontelli: “Era all’hora applicato Giulio alle fabriche, e procurava d’inalzare con magnificenza quella della loggia, ò del cortile del Palazzo nuovo, e l’inalzò con colonne intiere di pietra, e con archi proportionati, e grandi, ch’ oggi restano à memoria della magnanimità di quel grand’uomo.
Rimase unita quella fabrica all’altre incominciate molto avanti da lui verso le mura, si che le stanze vennero à corrispondere in quell’ ampio cortile; e questo, e quelle furono tratteggiate col pennello, e con le pitture à fresco, e ad olio, & oltre i ritratti de’ Prencipi, e de’ camerinesi, & alle favole de’ Gentili, veggonsi al naturale dipinti nella stanza della fortuna i due grandi Illustratori della militia Italiana Francesco Sforza, e Giacomo Piccinini, questi semplicemente, ma l’altro tirato sopra un Carro dalla Fama, e dalla Fortuna con le tre Parche avanti, ch’ordiscono i stami della sua vita.
Niuna parte era più riguardevole di quel Palazzo della Porta formata da due gran Colonne, e da un’architrave, sopravi un petto con testa di marmo di Giulio. Furono levati questi adornamenti da un Governatore, che commutò la porta per intagliarvi il suo nome, e fraporvi l’armi, ch’oggi vi sono di niuno arteficio, ò nobile architettura”.

Il nuovo palazzo era ideato ed organizzato in maniera tale da sancire tangibilmente lo status signorile della casata: le duecentesche “case vecchie” del tempo di Gentile, già riadattate ed ampliate da Venanzio Falcifer, furono integrate nella nuova, organica costruzione e rimasero abitate dalla famiglia in segno di continuità dinastica, come spazio privato, più intimo ed antico.
I nuovi edifici eretti fra il 1489 ed il 1499, raccordati mediante l’armonico quadriportico, definivano lo spazio pubblico, destinato agli uffici di rappresentanza.
L’inventario stilato dal caldarolese Lodovico Clodio individua nella Relazione dello Stato di Camerino indirizzata a papa Alessandro VI nel 1502 69 stanze, 4 loggiati e 3 cantine, munite di 56 botti, nelle “case vecchie”, 40 stanze ed una scuderia adatta ad ospitare un centinaio di cavalli nelle “case nuove”.
La vita vi si svolgeva lieta ed animata, il tempo passava “in suonare, cantare, ballare, pazzeggiare” secondo la testimonianza autobiografica della beata Camilla Battista: erano frequenti le feste, le giostre, le cacciate, così come le visite di ospiti di riguardo, per parentela o per diplomazia .
Il palazzo era aperto alla nobiltà ed alla plebe, tanto che ogni giorno vi si preparavano pasti per trecento coperti:“tutta la terra andava a corte, chi a scaldarsi, chi a giocare, chi a ronfa, chi a tavolieri, chi a sentir nuove, chi a parlare al signore fino a tre o quattro ore di notte; poi il giorno chi a giuocare alla palla, chi a uccellare col Signore, e questo sempre ad ogni tempo”.
La corte era frequentemente allietata dalla presenza di suonatori e cantori, dal ricco repertorio musicale: particolarmente apprezzate erano le canzoni a ballo eseguite con gli strumenti a corda, come viole, arpe, citare, liuti. Non minore era l’attenzione verso le humanae litterae.
Gli umanisti Macario Muzio e Ludovico Lazzarelli tenevano accademia presso il palazzo, che vantava – stando all’inventario borgiano – “una stanzia dove stava la libraria, suffictata con suoi scaffali attorno da ponere libri et cassoni intorno da ponere libri”.
Già nel 1502, la biblioteca di Giulio Cesare era andata dispersa: la sigla del signore, apposta come ex libris, consente però di riconoscere un codice di Aristotele fra i volumi che vi erano custoditi.
La lettura, sia pure “di cose vane”, vale a dire di opere letterarie di tono mondano era, negli anni che precedono la vocazione alla vita religiosa, fra le occupazioni preferite dalla giovane Camilla, che aveva ricevuto a corte una salda formazione culturale.
Non siamo in grado di individuare con sufficiente esattezza i termini della forma urbis che Giulio Casare Varano, autentico signore rinascimentale, doveva aver previsto per modellare Camerino come città ideale: il suo progetto fu violentemente interrotto dagli eventi del 1502.
Ma egli intraprese sistematici interventi di edilizia pubblica, dotando Camerino di strutture efficienti, di opere di utilità pubblica quale è ad esempio l’ospedale, portato a compimento nel 1490.
Nota il Lilii che “volle Giulio oltre l’arma di lui, che fussero intagliate nella porta della Chiesa quelle degli offitiali deputati per l’assistenza del luogo, e vi fece notare il tempo co’ lustri in vece degl’anni

IULIUS CAESAR VARANUS PAUPERTATI,
& MISERICORDIAE PIE DEDICAVIT
A NATALI CHRISTIANO LUSTRI 296. ANNO 4”.

Con l’intento manifesto di ricondurre in patria la figlia Camilla, entrata con il nome di suor Battista nel monastero di Santa Chiara ad Urbino, Giulio Cesare acquista il complesso di Santa Maria nova dotato al tempo degli Olivetani dall’avo Giovanni Varano (1384), ottiene da papa Sisto IV il permesso di utilizzare come materiali di risulta le pietre del vicino monastero delle Benedettine, ormai fatiscente, a condizione di mantenere intatta la chiesa di Santa Costanza, ancora officiata.
Il monastero fu dato in consegna alle Clarisse, con pubblica cerimonia, il 4 gennaio 1484, quando il notaio ser Antonio Pascucci ne redasse l’atto di donazione.
Giulio Cesare Varano sostenne spese ingenti per il restauro funzionale del monastero, caratterizzato da un elegante doppio portico rinascimentale, aperto come chiostro al piano terreno e chiuso da finestre al secondo piano.

Il monastero fu inoltre dotato di ricche opere d’arte, quale il coro ligneo intagliato dall’ebanista Domenico Indivini da Sanseverino.
Il disegno culturale, politico ed artistico di sottrarre il territorio alle asperità della natura ed alle esigenze della storia fu manifesto nella trasformazione di alcuni elementi del sistema difensivo dei secoli passati in amene residenze: è quanto Giulio Cesare compie nel 1464 a Beldiletto, il cui castrum viene riallestito come villa fortificata, e Giovanna Malatesta realizza dopo il 1492 a Lanciano.
Il castello di Beldiletto, in cui due sale a pianterreno conservano traccia degli affreschi del XV secolo, fu utilizzato dunque come casino di caccia.

Riguardo agli interventi di ristrutturazione intrapresi da Giovanna Malatesta a Lanciano, il Lilii offre una dettagliata descrizione:“Giovanna Malatesta, come ch’ emulasse il marito, faceva alzare intorno à quei tempi sù le sponde del fiume Potenza la Fortezza col Palazzo di Lanciano. Era questa formata da una gran corte principalmente, e da una gran sala ornata di pitture, e de’ ritratti delle Donne Illustri”.
L’aggressiva politica messa in atto da Alessandro VI mediante la campagna militare di Cesare Borgia sconvolse la corte di Camerino, così come gli stati minori dell’Umbria, delle Marche e della Toscana: nell’arco di pochi decenni, le autonomie locali sarebbero state asssorbite dallo Stato della Chiesa, cristallizzando così ogni espressione locale nel campo dell’architettura e delle arti figurative in genere.

Mappa del sistema difensivo dei Da Varano

Mappa realizzata da Massimo Costantini trascrivendo quella già presente negli archivi estensi di Ferrara (Il Sistema di difesa dello Stato di Camerino)

Classificazione delle fortificazioni

Castello con Rocca o Torre

Salmaregia*
Pioraco (Intagliata)
C. Ramundo (Intagliata)
Crysperi (Intagliata)
Sentino
Montaldo
Coldepreta
Serravalle
Capriglia

Castello murato

Torre o Rocca senza villa

Villa con Rocca o Torre

Lanciano (Intagliata)
Agello (Intagliata)
Rocca Varano
Campolarzo
Valcimarra

Terre Raccomandate

S. Natoglia
Sefro
Gagliole
Serrapetrona
Camporotondo

Fonte:
http://www.associazioneitalianadellibro.it/site/2015/08/22/il-sistema-di-fortificazione-dello-stato-di-camerino/#

Bibliografia:
Il Sistema di difesa dello Stato di Camerino – Massimo Costantini

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