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Camerino nell’antica Roma
I Camerti erano una tribù umbra che valicò l’Appennino e nell’incontro con questa terra e con gli abitanti già esistenti, presero l’identità di un piccolo popolo (Umbri Camerti). Secondo una leggenda, i Camerti avevano abbandonato la loro città natia, Kamars, perché vinti in guerra dal popolo dei Pelasgi. Proprio per questo, onde ricordare la loro antica patria, diedero il nome di Cameria, o Camerta, alla nuova città da loro fondata, nome da cui poi sarebbe derivato il termine Camerino. I Camerti ed i Romani strinsero un trattato di alleanza con eguali condizioni, l’Aequum Foedus (309 a.C.). Lo stesso privilegio della cittadinanza romana, confermata da Gaio Mario nel 101 a.C. e da Settimio Severo nel 210, garantisce ancora la grande importanza della città camerte nel III secolo. Alla fine del IV secolo i Camerti erano ritenuti forti guerrieri e cercati come alleati. Sappiamo con certezza che durante la seconda guerra punica i Camerti fornirono a Roma 600 combattenti. Durante l’Impero finalmente Camerino ebbe pace e benessere. Documenti numerosi del fitto rapporto con Roma si ritrovano nella letteratura repubblicana ed imperiale. Inoltre, sono venuti alla luce durante i lavori di restauro del teatro comunale i resti di quello che era un mercato d’epoca romana.
Camerino nell’Alto Medioevo
Non sembra che Camerino abbia avuto a risentire direttamente i gravi effetti delle invasioni barbariche. La tradizione, però, ci parla di un assedio dei Goti contro Camerino. Secondo una leggenda, fu il santo patrono Venanzio ad impedire che Camerino fosse presa, apparendo sopra le mura e combattendo a fianco dei camerinesi. Sconfitti i Goti nel 552, la città appartenne ai Bizantini fino al 592.
Anche i Longobardi vennero dall’Umbria e Camerino fu dal 601 sede di marchesato e di ducato talora incorporato, talora disgiunto da quello di Spoleto.
Di origine longobarda doveva essere Sant’Ansovino, il più notevole vescovo dell’epoca, nato a Camerino alla fine del 700.
Gli storici affermano che il nome Ansovino è longobardo e deriva da ANS=Dio e WIN=Amico, perciò Ansovino significa “amico di Dio”. Fu eletto vescovo di Camerino e morì nell’868, colto da malore mentre visitava la diocesi. In tutto il suo ministero pastorale egli si dimostrò vero padre dei poveri e degli afflitti ed è considerato un patrono della città. Nei secoli VIII e IX la diocesi camerte era una delle più grandi del centro Italia, gli furono assegnati i territori delle diocesi scomparse (per poco tempo) di Septempeda, Matilica, Tolentinum, parte di Cingulum, parte di Sentinum, il territorio dell’attuale Fabriano, molto territorio di Macerata, Potentia Picena e Urbs Salvia.
È probabile che verso il 1050 il marchese Bonifacio occupasse la città di Camerino per poi passarla alla figlia contessa Matilde la quale la donò alla Chiesa (1077).
Già nel 1000, Camerino fu un comune fiorente ed indipendente, si ebbero, infatti, monete raffiguranti San Venanzio e Sant’Ansovino.
Inizialmente ghibellino, divenne in seguito roccaforte guelfa e sede della legislazione pontificia (1240).
Guelfi e Ghibellini: I Monaldi e i Baschi
Camerino internamente era divisa, come molte città in Italia, da una lotta fra le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini, i primi erano più potente in città ed erano guidati dai conti Monaldi mentre i secondi erano guidati dai conti Baschi.
Nel 1240 il conte Monaldi assale e distrugge il castello di Giove abitato dai familiari del conte Ranieri de Baschi.
Percivalle Doria
La vicenda di Camerino contro le truppe saracene di Percivalle Doria, vicario di Manfredi, fu una delle più cruente per la città camerte.
Nel 1259 re Manfredi invia nella Marca il capitano Percivalle Doria che, assoggettate molte città, trova una dura opposizione da parte dei camerti.
Da sempre guelfa, Camerino sembrava inespugnabile per via della sua posizione rialzata e per la maestosità delle sue mura.
Fildesmido da Mogliano, signore di San Severino, sposa la causa sveva giurando fedeltà a Manfredi per la riconquista della Marca. A San Severino istituisce un forte esercito, ospitando Percivalle Doria ed Enrico da Ventimiglia, vicari di Manfredi, impegnati nella faticosa conquista di Camerino.
I camerti sono assediati nella città e decidono di inviare Ranieri de Baschi, gran feudatario e capo della fazione ghibellina, a parlamentare con Percivalle Doria convinti di strappare un accordo onorevole ma questi concorda con il nemico l’apertura della porta nord-orientale delle mura per la notte del 12 agosto 1259.
La soldataglia irrompe nella città immersa nel sonno, la saccheggia e la mette a ferro e fuoco fino a raderla quasi al suolo.
La cassettina d’argento contenente le reliquie di San Venanzio fu trafugata e portata in dono a Re Manfredi come segno del successo ottenuto.
La nobiltà di parte guelfa fu costretta a fuggire attraverso un buco nelle mura che conduceva fuori Camerino (oggi è Via Morrotto) e a rifugiarsi nei castelli del contado e delle città guelfe vicine, lasciando Camerino nelle mani dei ghibellini, fra questi vi è Gentile da Varano.
La riconquista di Camerino
Alcuni camerti fuggiti si erano rifugiati a Sefro, qui Gentile da Varano raduna i superstiti sotto un potente esercito messo insieme con l’aiuto del Papa e delle città guelfe.
Nel 1261 Gentile da Varano a capo di questi uomini riesce a riconquistare Camerino.
Gentile da Varano assume il ruolo di primo cittadino e con prospettive di dominio colloca la nuova dimora familiare nei pressi della cattedrale.
È in questo momento che il valoroso Gentile pone le fondamenta della potente casata dei Da Varano che, per tre secoli, portò la città ai massimi splendori economici e artistici. Anche le reliquie di San Venazio torneranno in città nel 1268 grazie all’intercessione di papa Clemente IV.
Fonti
http://www.norme.marche.it/Delibere/2019/DGR0976_19.pdf
https://it.wikipedia.org/wiki/Camerino
Bibliografia
Il Sistema di difesa dello Stato di Camerino – Massimo Costantini